Quanto è bello, dopo tanto, tornare ad una mostra! A Palazzo Ducale, Genova, trovate “Obey fidelity. The art of Shepard Fairey”, curata da Stefano Antonelli, che, come per la mostra di Banksy, ci fa entrare nel mondo culturale e nella mente dell’artista.
Di sicuro, avrete presente il manifesto di Barak Obama “Hope”, un ritratto del presidente sintetizzato in quadricromia. Bene, è proprio a questo, che Obey deve la sua fama mondiale.
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Ecco una mia recensione : parlerò della disposizione delle opere, le luci, l’ambiente in cui è ospitata la mostra e il rispetto delle norme anti-covid.
Le opere seguono un percorso che prevede quattro tappe: Donna, Ambiente, Pace e Cultura. Questo aspetto è molto presente nel percorso espositivo, questi quattro temi fluiscono uno nell’altro in modo quasi impercettibile, senza stacchi netti.
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La mostra è, effettivamente, una passeggiata notturna in una città metropolitana. L’illuminazione la ricorda molto: è tetra ma allo stesso tempo rassicurante e calma, ci sono zone più luminose e altre meno, come sotto ad un lampione. Per esempio, quando si tratta di tematiche losche l’ambientazione è buio. Ho apprezzato molto questo aspetto è l’ho trovato adatto alla circostanza.
Gli spazi sono molto ampi e il distanziamento è ben rispettato. All’ingresso, la misurazione della febbre e il disinfettante. Gli ingressi sono contingentati, con un tetto massimo di visitatori all’interno della struttura.
Obey ha un suo marchio di fabbrica: André The Giant, un werstler famoso negli anni 70-80. Fairey ha scelto il suo volto perché lo trovava accattivante, diverso dal solito. Insomma, gli piaceva molto ed è proprio quel faccione che viene stampato anche sulla maggior parte del merchandising dell’artista.
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La mostra mi è piaciuta moltissimo: le didascalie sono scritte in modo chiaro e facile da comprendere, e il font usato senza ghirigori. Apprezzo molto questi dettagli. Grazie a questa mostra, Obey è il mio secondo artista preferito in assoluto, il primo è Banksy, terzo Keith Haring. L’unica pecca, vi avverto sono molto pignola, sono i faretti, posizionati direttamente sopra all’opera: creavano molti riflessi ed è quasi impossibile fare una foto senza. Nel complesso, per un occhio non tanto abituato a notare i minimi dettagli, è fatta molto bene.